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le quali, secondo ogni verosimiglianza, vegetavano del pari in Liguria, ciò tanto più che la flora carbonifera offre per ciascun piano geologico, anche tra regioni assai lontane, perfetta uniformità, conseguenza dell’uniformità del clima, perennemente caldo e umido. La selva del paesaggio carbonifero era una congerie di grandi felci che levavano tronchi alti e nudi, terminati da ciuffi di fronde sempre verdi, rigide e minute. Non alberi maestosi dall’ampio fogliame che ogni anno appassisce e cade per poi rinascere, non fiori dalle tinte smaglianti, non frutti saporosi. Non risuonava nella boscaglia la voce dei più nobili animali, dei mammiferi e degli uccelli.
Il tipo più elevato della serie zoologica era, in quel tempo, un anfibio che calcava silente il suolo pantanoso, lasciandovi non di rado le sue orme impresse. Intanto, le acque marine accoglievano rettili nuotatori, selaci, ganoidi, conchiferi e coralli più o meno diversi dagli attuali, e gli ultimi superstiti della numerosa schiera dei trilobiti, omai prossimi alla completa estinzione.
Emersa e sommersa reiteratamente la zona litorale per l’instabilità del suolo, si produssero più volte, alle foci dei fiumi, strati alternanti di residui vegetali (tramutati di poi in antracite) e di sedimenti marini. Prevalendo in seguito (periodo permiano) il movimento discendente, tutta la regione che qui ci occupa rimaneva coperta dalle acque del mare, e si accumulavano nei suoi fondi sedimenti ora arenacei ora melmosi, i quali, mercè azioni chimiche e molecolari ancora
colo S. Bernardo sono: Lepidostrobus, Nevropteris? Lepidophyllum, Lepidodendron, Annularia, Asterophyllites, Calamites.