Pagina:Lippi - Fu il fuoco, o l'acqua che sotterrò Pompei ed Ercolano, Napoli, Sangiacomo, 1816.djvu/42

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il veder losco in una così chiara luce della storia naturale, ed attaccarci alle pure conghietture degli antichi

Sicché vediamo qual è la fiaccola, colla quale essi accorrono in queste tenebre, per fugare le conghietture degli antichi; rileviamo qual è la loro opinione intorno alla distruzione d'Ercolano; e cerchiamo di vedere quanto si appartan essi da quelli e dai moderni, i quali nulladimeno fedeli agli antichi scrittori, non han voluto seguire affatto i dotti Accademici.

Per conto dunque d'Ercolano gli Accademici Ercolanesi parlano in questa guisa1: «Primieramente bisogna sapere, che tutto quel tratto di terreno da noi segnato nella carta, fu egualmente coperto dall'eruzione del Vesuvio al tempo di Tito» (ciò ch'è falso, perché vedremo or ora che tutto

  1. Cap. IV. §. IV. pag. 18. In primis igitur nosse oportet totum illum terrae tractum, quem in mappa expressimus, sub Tito Vesuviana adgestione aeque obrutum fuisse, non quidem liquescenti materie, quae torrentis instar fluit, et mox repente solidescit, sed ignito lapillorum, sive pumicum, cinerisque volumine, quod praeceps se se per montis declive devolvens ad mare usque tetendit, ut infra docebimus; quodque temporis tractu in tophaceum lapidem passim coaluit, quem hodie vulgo adpellant pappamonte. Hujusmodi enim materiem, qualis Herculaneo superimponi cernitur, undique in eo regionis tractu effoderis invenies