11. Così la maga se ne va con esso,
Che l’introduce in una bella via,
Tutta fiorita sì, che al primo ingresso
Par proprio un paradiso, un’allegria;
Ma non più presto l’uomo il piè v’ha messo,
Ch’ella diventa un’altra mercanzia,
Per i gran morsi e le punture acerbe
Che fanno i serpi, ascosi tra quell’erbe. 12. Entravi Martinazza, e sente un tratto
Due e tre morsi a’ piè, dove calpesta;
Perciò bestemmia, che non par suo fatto,
E dice: o Giulio mio, che cosa è questa?
Ed ei, ridendo allora come un matto:
Non è nulla, rispose, vien pur lesta,
Che pensi tu, ch’io sia privilegiato?
Anch’io mi sento mordere, e non fiato. 13. Questa è la via, che mena a Casa calda,
Perch’ella è allegra, o almeno ella ci pare;
Perchè a martello1 poi non istà salda,
La scorre ognor gente di male affare:
Le serpi sono ogni opera ribalda,
Ch’ella2 ci fa, le quali a lungo andare
Di quanto ha fatto, scavallato, e scorso
Ci fa sentire al cuor qualche rimorso.
↑St. 13. A martelloecc. Non regge alla prova. Non si mantiene poi sempre allegra. (Nota transclusa da pagina 275)
↑Ella. La gente. Costruisci quel che segue così: Qualche rimorso di quel che la gente ha fatto ecc. ci fa sentire le quali serpi. (Nota transclusa da pagina 275)