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ottavo cantare 291

14.
Ch’ognun vuol far il principe al dì d’oggi;
Sebben chi la volesse rivedere1,
Molti si veggon far grandezze e sfoggi,
Che sono a specchio2 poi col rigattiere3.
Il lusso è grande e già regna in su i poggi4,
E son nelle capanne le portiere.
E tra cannelli5 insin qualsivoglia unto
Ha i suoi stipetti e seggiole di punto6.
15.
Orsù, perch’ío non caschi nella pena
De’ cinque soldi7, ecco ritorno a bomba
A brache d’or8, che nel salire arrena
Per quella scala che va su per tromba
Perchè, sebbene ei fa il Mangia9 da Siena
Gli è disadatto e pesa ch’egli spiomba;
E colle ninfe a correr non può porsi,
Massime lì, che v’è un salir da orsi.
16.
Elle di già, com’io diceva adesso,
Uscite son di sopra a stanze nuove,
Aspettando che faccia anch’ei l’istesso
Ch’appunto com’il gambero si muove;
Onde convien poi loro andar per esso,
Ed aiutarlo fin che piacque a Giove,
Che quasi manganato e per strettoio
Passasse ad alto il cavalier di quoio,

  1. St. 14. Chi la volesse rivedere. A esaminar bene la cosa. (Nota transclusa da pagina 356)
  2. Specchio. Lista, libro; qui, dei debitori. (Nota transclusa da pagina 356)
  3. Rigattiere. Rivenditore di robe usate. (Nota transclusa da pagina 356)
  4. In su i poggi. Anche i montanari si tengono in lusso. (Nota transclusa da pagina 357)
  5. I cannelli sono arnesi dei tessitori di lana, i quali facilmente sono unti. (Nota transclusa da pagina 357)
  6. Di punto. Ricamate e trapuntate. (Nota transclusa da pagina 357)
  7. St. 15. Pena dei cinque soldi. Vedi c. V, 30. (Nota transclusa da pagina 357)
  8. Brache d’or. Il Garani. Vedi st. 7. Così chiamasi anche il fante di danari nelle minchiate, perchè è dipinto con calzoni gialli. (Nota transclusa da pagina 357)
  9. Fa il mangia. Fa il bravo, che mangerebbe gli uomini vivi. Era il Mangia una statua posta sulla torre dell’oriuolo di Siena. La dolorosa istoria del Mangia è questa. Dicono che un gobbo fiorentino ritrovandosi a Siena, volle salire sulla torre, dicendo che andava a fare una visita al Mangia. Quando fu su, guastò in parte il congegno pel quale la statua ad ogni ora veniva fuor dalla torre a batter le ore. Sceso ch’ei fu, gli domandarono; Che t’ha detto il Mangia? Rispose il gobbo: E’ m’ha detto ch’all’undici sarà in piazza. E con questo si partì per Firenze. Allo scoccar dell’undici il povero Mangia fu in pezzi nella piazza di Siena. Ma la memoria di lui dura eterna: Salutami il Mangia è anche oggidi l’addio scherzoso che si dà a chi parte per Siena. (Nota transclusa da pagina 357)