47. E quei guanti che san di caporale
Legando ad una delle sue legacce1,
Uno per testa, addosso all'animale
Mette attraverso a uso di bisacce;
Al fragor2 di tal concia di caviale
La bestia fece subito due facce,
Ch'una di lupo, ed una d'uomo, sembra;
E di sua specie ognuna ha le sue membra. 48. Si resta il lupo, e 'l Tura uomo diviene,
Ma non però che libero ne sia,
Ch'ambi sono appiccati per le rene
Formando un mostro qual'è la bugia.
Dice Turpino, e par ch'ei dica bene,
Ch'essendo questa sì crudel malía,
Non erano a disfarla mai bastanti
Gli odor birreschi semplici de' guanti. 49. E che se tanto oprò tal masserizia,
Avrebbon molto più fatto le mani;
Perchè gl'incanti in man della Giustizia
Come i fichi alla nebbia, vengon vani.
E Paride che già n'ebbe notizia
Da quel suo libro, si dà quivi a' cani3;
Perchè più oltre il libro non ispiega
Ond'ei fa conto al fin di tôr la sega.
↑St. 47. Legacce delle calze. (Nota transclusa da pagina 425)
↑Fragor. Alla fragranza di così fetente concia. (Nota transclusa da pagina 425)
↑St. 49. Si dà a’ cani. S’arrabbia. (Nota transclusa da pagina 425)