Pagina:Lippi - Malmantile racquistato.pdf/417

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decimo cantare 373

47.
E quei guanti che san di caporale
Legando ad una delle sue legacce1,
Uno per testa, addosso all'animale
Mette attraverso a uso di bisacce;
Al fragor2 di tal concia di caviale
La bestia fece subito due facce,
Ch'una di lupo, ed una d'uomo, sembra;
E di sua specie ognuna ha le sue membra.
48.
Si resta il lupo, e 'l Tura uomo diviene,
Ma non però che libero ne sia,
Ch'ambi sono appiccati per le rene
Formando un mostro qual'è la bugia.
Dice Turpino, e par ch'ei dica bene,
Ch'essendo questa sì crudel malía,
Non erano a disfarla mai bastanti
Gli odor birreschi semplici de' guanti.
49.
E che se tanto oprò tal masserizia,
Avrebbon molto più fatto le mani;
Perchè gl'incanti in man della Giustizia
Come i fichi alla nebbia, vengon vani.
E Paride che già n'ebbe notizia
Da quel suo libro, si dà quivi a' cani3;
Perchè più oltre il libro non ispiega
Ond'ei fa conto al fin di tôr la sega.

  1. St. 47. Legacce delle calze. (Nota transclusa da pagina 425)
  2. Fragor. Alla fragranza di così fetente concia. (Nota transclusa da pagina 425)
  3. St. 49. Si dà a’ cani. S’arrabbia. (Nota transclusa da pagina 425)