53. Armato a privilegi omai Rosaccio1
Marte sguaina2 e Venere influente;
Ma presto Sardonello sul mostaccio
Gli fece colla spada un ascendente,
Che piove al collo e privalo d’un braccio:
Ond’ei in quel punto andando all’occidente,
Vede le stelle e l’una e l’altra sfera,
Nel viso eclissa e dice: buona sera. 54. Mein per fianco sentesi percosso
Dallo stidion del cucinier Melicche:
Parasitaccio, porco grande e grosso,
Perchè il ghiotto si fa di buone micche3.
Si rivolta Meino, e dà al colosso
Nella gola che ha piena di pasticche;
Talchè morendo dolcemente il guitto:
Addio cucina, dice, ch’io ho fritto. 55. Già per la stanza il sangue era a tal segno
Ch’andar vi si potea co’ navicelli;
Istrïon Vespi4, tutto furia e sdegno
Rinvolto ha quivi il povero Masselli;
E col coltel da Pedrolin di legno
Su pel capo gli squotola5 i capelli,
Acciò, trattane poi la lisca6 e il loto,
Più bella faccian la conocchia a Cloto7.
↑St. 53. Rosaccio (Vedi c. III, 63) ciarlatano che mostrava privilegi di principi per accreditare i suoi rimedi. (Nota transclusa da pagina 452)
↑Sguaina. Cava fuori. Il resto dell’ottava è pieno di allusioni equivoche prese dal linguaggio astrologico. (Nota transclusa da pagina 452)
↑St. 54. Micche. Minestre. (Nota transclusa da pagina 452)
↑St. 55. Istrion Vespi. Cognato dell’autore, scrisse piacevoli commedie nelle quali recitava, facendo in ispecie la parte di Pedrolino, servo sciocco, armato di un coltello di legno. (Nota transclusa da pagina 452)
↑Squotolare. Battere il lino. (Nota transclusa da pagina 452)
↑La lisca. La parte legnosa e dura. (Nota transclusa da pagina 452)
↑Cloto è una delle tre Parche. (Nota transclusa da pagina 452)