11. Che pagheresti, disse lo stregone,
Se la tua moglie avesse il ventre pregno?
Se ciò fosse, rispose Perïone,
Ancorch’io non ne faccia alcun disegno
E tal voglia appiccata abbia all’arpione,
Io ti vorrei donar mezzo il mio regno.
Soggiunse quei: Non vo’ pur una crazia1,
Ma solamente la tua buona grazia. 12. Altro da te non aspettar ch’io chieda,
Nè che alcuno interesse mi predomini;
Perchè, quantunque abietto altri mi veda,
Io ho in cul la roba e schiavo son degli uomini.
Or basta: se tu brami d’aver reda
Che il regno dopo te governi e domini,
Commetti al Mosca, al Biondo e a Romolino,
Che un cuor ti portin d’asino marino. 13. Et ordina di poi, che se ne cuoca
La terza parte in circa arrosto o lessa;
Ch’in tutti i modi è buona; e danne un poca
In quel modo a mangiare alla duchessa.
Presa che l’ha, gli è fatto il becco all’oca2;
Chè subito ch’in corpo se l’è messa,
Senzachè tu più altro le apparecchi,
Dottela pregna infin sopr’agli orecchi.
↑St. 11. Crazia. Moneta toscana che valeva sette centesimi di lira italiana. (Nota transclusa da pagina 123)
↑St. 13. Gli è fatto il becco all'oca. La cosa è fatta. Chi vuol conoscere l’origine di questo detto, la troverà nel Mambriano, c. II e nelle novelle del Pecorone. (Nota transclusa da pagina 123)