Pagina:Liriche di Sergio Corazzini, Napoli, Ricciardi, 1935.djvu/86

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sammo in una esile tomba di giovinetta, morta di amoroso segreto. Oh! come fu triste la perdita cotidiana inesorabile del povero profumo! E se ne andò come lui, con lui, per sempre.

Noi non siamo che cose in una cosa: imagine terribilmente perfetta del Nulla.


Qualche volta le campane della piccola parrocchia suonano a morto. Tutto ciò sarebbe tristissimo per noi, povere piccole cose sole, se egli fosse quì. Ma è lontano e le campane non tarlano il silenzio per lui, povero caro.


Un tempo lo vedemmo e l’udimmo piangere senza fine: volevamo consolarlo, allora, e mai ci sentimmo così spaventosamente crocefisse. Oggi, oh, oggi è un altra cosa: dove piange? perchè piange?


Allora lacrimò desolatamente perchè una sua piccola e bianca sorella non veniva, a sera, come per il passato, a farlo men solo... o più solo. Così egli le diceva mentre l’abbracciava. E soggiungeva: «noi ricordiamo e nulla come il ricordo è simbolo di solitudine e di morte.» Rievocavano molte liete fortune e molte tristi vicende, anche, ma non troppo di queste si amareggiavano.