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guri come il meraviglioso fiorir di un seme ignoto e divino.
E in te sarà, veramente, la gioia e la dedizione de la corolla che s’apra, nel mattino, al sole.
Giovine, io ti esorto a considerare e meditare la mia volontà. Non temer dell’umano: anzi, se avvenga che tu gli mova riso, godi e sappi che nello spregio degli altri è la vera felicità del solitario. Felicità di esaltazione che non vorrai disdegnare come quella che, sola, vana non sia e cresca in te il desio della solitudine.
Getsémani!
Oh, che tu debba inginocchiarti e orare e sudar sangue, novizio, in fin che una sua cantilena, incomprensibile e monotona come le parole di un folle, ti lacrimi la Morte, dolce sorella, e tu a lei ti doni a simiglianza dell’esule che ritorni e all’anima delle vecchie cose tutto sè stesso affidi, colmo il cuore di una mortale felicità.