Pagina:Lo zuavo.djvu/19

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femmo resistenza, salutandoli con uno sparo, che stese a terra diversi. Si sparpagliarono secondo il loro costume arabo, descrivendo curve eccentriche, e risposero con uno sparo, che ferì gravemente due dei miei uomini; poi si scostarono per alcuni istanti: noi speravamo d’esserne sbarazzati, quando, allo spuntar del sole, ce li vediamo in linea ed immobili, e ad una distanza tale, che le nostre palle non potevano raggiungerli. Siccome coi loro lunghi schioppi aveano già uccisi due dei nostri, risolvemmo di caricare alla baionetta, e di procurare di raggiungere il nostro posto. Noi ci scagliammo; ma dopo pochi passi il nemico uccise tre dei miei compagni. Vedendomi circondato da sì gran numero di nemici, pensai che fosse venuta la mia ora estrema: in un momento così solenne inclinai la fronte, e pregai; indi m’alzai pieno di risoluzione e d’una fiducia tale, che a Dio solo ne attribuiva l’ispirazione.

«Mi preparava dunque a riceverli, e di già ne prendeva la mira, quando mi sentii alzar da terra. M’aveano lanciato un uncino per di dietro, e mi trovai sulla groppa del cavallo. I cavalieri si diedero alla fuga dopo aver tagliata la testa ai miei sventurati compagni.

«L’allarme era stato dato dal campo di Douera. Avevano udito la fucilata. Vidi da lontano uno squadrone di cacciatori; ma tosto lo perdetti di vista, poichè gli Hadjoutes profittarono della pratica del paese per sottrarsi agli sguardi dei Francesi.

«Dopo aver corso per più di tre ore, vedendosi al sicuro, si fermarono. Mi tolsero tutti i miei effetti di vestiario meno i pantaloni, e, a piedi nudi, attaccato ad una corda, fui costretto di seguitarli così per due giorni consecutivi; finalmente, vedendomi privo di forze e coi piedi tutti laceri, mi gittarono sopra un cavallo onde continuare il loro cammino.