Pagina:Lo zuavo.djvu/29

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«Mellilah, una della quattro fortezze che la Spagna ha conservate sulla costa africana, è inespugnabile; e quantunque, al dir dei geografi, abbia un aspetto triste e monotono, ella mi pareva un Eden. Allo sbarco fui ricevuto dagli ufficiali e dai pochi soldati della guarnigione. La notizia del mio arrivo si sparse tosto in tutta la città, e tutti mi colmarono di cortesie e di congratulazioni. Sapevasi che dei prigionieri esistevano non molto lontano, e che erano stati dati ordini dal governatore di ricevere convenevolmente quelli che sarebbero venuti a cercarvi un asilo. Fui alloggiato da un vecchio capitano, che avea servito nella nostra armata nei tempi dell’occupazione francese sotto l’impero. Sua moglie, nata in Francia, m’accolse da compatriota, e, durante otto giorni che passai in casa loro, m’usarono cortesie tali, di cui non mi scorderò giammai. Mi diedero un vestiario decente, poichè non è d’uopo che vi dica ch’io era appena coperto di pochi cenci.

«Lasciai questa terra ospitale, e questa buona gente, versando molte lagrime. Mi rincresceva veramente di dovermi separare da loro. Così il nome del capitano Sanchez e quello di Ben-Aida vivranno nella mia memoria finchè avrò un soffio di vita, e prego Dio che loro dia, colla sua grazia, la fortuna di conoscerlo e d’adorarlo come il sol Padre ed il solo Salvatore.

«Presi posto sopra una galeotta che facea vela per Algeri, ed in breve sbarcai in questo porto con dei sentimenti cristiani fortificati dall’avversità.

«A stento fui riconosciuto. Mi credevano morto. Fortunatamente la mia compagnia, allora in ispedizioni nei dintorni del paese ov’io era stato detenuto, avea lasciato alcuni uomini in Algeri, e, fra questi, il mio degno Marty. Non posso esprimermi quale fu la nostra contentezza di ritrovarci. Io piangeva. Esso sempre calmo,