Pagina:Lo zuavo.djvu/28

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«Durante questa rapida corsa, restammo alcune ore senza pur scambiare una parola, ed il silenzio perfetto della notte non era interrotto che dai gridi di qualche banda di lupi dorati, che si facevan sentire nelle profondità del burrone, o sulle cime dei monti, che percorrevamo.

«Verso mezzanotte rallentammo il passo; alle tre ci fermammo. — Aspettiamo il sole, mi disse Ben-Aida: non hai più nulla da temere; appena il sole rischiarirà il lago, che abbiam costeggiato, scogerai le bianche mura di Melillah. —

«La notte era bellissima, l’aria tiepida, un zefiro leggiero recava sino a noi l’emanazioni marine. Io respirava con piacere questi profumi, che mi parlavano della patria lontana. La debole luce delle stelle mi permetteva di scorgere la bianca stoffa che designava il corpo agile e svelto del figlio del deserto, ed io ringraziava Dio d’averlo posto sul mio cammino. Il giorno spuntò, e raggiungemmo la spiaggia. Nel porre il piede sulle sponde di questo mare, che non avea più veduto da sì lungo tempo, dimenticai i miei sofferti dolori, ed in uno slancio d’amore apriva quel libro ch’io avea salvato, e che m’avea sempre parlato della salvezza, anche nell’eccesso della mia miseria.

«Una navicella si trovava all’àncora, fui cordialmente ricevuto da un pescatore, che mi mostrò a qualche lega il posto desiderato. Lasciato il mio liberatore, che, stendendo ambe le mani sul mio capo, invocò la protezione d’Allah pel soldato franco. Lagrime di riconoscenza empirono i miei occhi allorquando vidi allontanarsi lentamente quell’uomo tanto buono ed affettuoso. Spesse volte ho vivamente desiderato di poterlo rivedere, ma non mi fu data questa sorte. Indi approdai alla penisola spagnuola.