Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.1, Laterza, 1913.djvu/191

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iii - rime 185

     Lasso! ch’io mi credeva
che altra etá e le diverse cure
mi facessin cangiar disio e voglie:
però ch’egli avvien pure
che ’l tempo altri pensieri induce e leva,35
dando nuove impression, le vecchie toglie.
Or questo piú dolor nel cor accoglie;
ché tra mille pensier che in lui s’aduna,
come la mente in varie cose scorre,
subitamente corre,40
lasciando l’altre e se sola, a quest’una,
ove stanco riposo
truova, e cosí la mena sua fortuna;
e in questo viver mio aspro e noioso
i pensier vaghi e l’alma afflitta poso.45
     Vorrei saper, Amore,
non mi mostrando tu alcun soccorso,
per qual cagion pur l’alma stanca spera.
Forse in natural corso
vòlto è il costume giá per lungo errore,50
ed ha smarrita la via dritta e vera.
Né credo esser le par quel che giá era:
va seguendo il disio ove la mena.
E, perché la speranza la mantiene,
col disio cresce e viene.55
Dunque, se questo mai non si raffrena,
questa giá mai si parte,
benché non si vegga onde e da qual vena
venga l’acqua che ’l fuoco spenga in parte;
Amor ha poi nuove versuzie ed arte.60
     Cosí me stesso inganno,
ed indi prende l’alma il suo conforto,
onde ha cagione il lungo mio martíre.
Tanta dolcezza han pòrto
al cuor quegli occhi, che sperar lo fanno:65
questo fa che consente al suo morire;