Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.1, Laterza, 1913.djvu/229

Da Wikisource.

iii - rime 223

xcv

[Fallaci speranze ed eterni tormenti.]


     O brevi e chiare notti, o lunghi e negri
giorni, o ombre lucenti, o luce oscura,
luce che il lume agli occhi aperti fura,
ombra che i chiusi di chiar lume allegri!
     O sonno oscur, che i pensier ciechi ed egri
converti in vision di luce pura!
o immagin del morir, qual mentre dura
veggo, odo e sento, e’ miei desiri ho integri!
     O mia troppa dolcezza, di te stessa
mortal nimica, che al desio davanti
mio ben poni e poi fuggi, ond’io mi doglio!
     O infelici sonni degli amanti!
da poi che, quando ho piú quel che piú voglio,
lo perdo, e fugge allor che piú s’appressa.


xcvi

[Amore difenda i suoi occhi contro l’altèro sguardo della sua donna.]


     Chi fará gli occhi miei costanti e forti
contra ’l valor del novo, altèro e pio
sguardo lucente, da cui han desio,
miseri e lieti d’esser vinti e morti?
     Amor, poi che i folli occhi non conforti?
Per essi entrasti pria nel petto mio;
questi feron me tuo, e te mio dio:
perché qualche soccorso a lor non porti?
     Lassa il petto angoscioso, ove tu sei,
sí come in specchio chiar gentile impronta
della beltá che teco vive in lei.
     Lassa il mio petto, e su negli occhi monta
di te armati, e belli gli occhi miei
securamente co’ begli occhi affronta.