Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.1, Laterza, 1913.djvu/231

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iii - rime 225

xcix

[Dura memoria degli affanni d’Amore.]


     Dura memoria, perché non ti spegni,
che accesa tanto il tristo cor tormenti?
dura memoria, che mi rappresenti
ne’ pensier mesti, inganni, ire, odii e sdegni.
     Omè, giorno infelice che t’ingegni
turbare i desir miei dolci e piacenti!
e tu, Amor, a tanto mal consenti,
perché al tuo bene intero alcun non sdegni.
     Mostrami il doloroso mio pensiero
cosa che dir non oso; ma si fugge
al cor ogni mio spirto che la vede:
     e, trovando nel cor piú forte e fero
quel pensier tristo, ad uno ad uno strugge:
triema il cor lasso e invan gli spirti chiede.


c

[A Paolo Cortese.]


     Qual maraviglia, o mio gentil Cortese,
se del tacito, bianco, errante vello,
freddo, ristretto, nuovo Mongibello
Amor nel tuo gelato petto accese?
     Oppressa da veneno alcun difese
la vita con venen mortale e fello;
e cosí il ghiaccio della neve quello
cacciò, ch’era nel core e ’l foco apprese.
     Questo foco talora in ogni vena
il sangue agghiaccia; altri ama, odia se stesso;
alcun senza cor vive e morte chiede.
     Questa vita amorosa tutta è piena
di gentil maraviglie, e pruova spesso
l’amante in sé quel che in altrui non crede.


Lorenzo il Magnifico, Opere - i. 15