Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.1, Laterza, 1913.djvu/35

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ii - comento sopra alcuni de’ suoi sonetti 29

dell’orizzonte occidentale, che lo hanno privato della sua amata visione.

Possiamo ancora dire questo ultimo orizzonte intendersi la morte di questa gentilissima. Perocché «orizzonte» non vuol dire altro che l’ultimo termine, di lá dal quale gli occhi umani non possono vedere; come diciamo, se il sole tramonta, quell’ultimo luogo di lá dal quale il sole non si vede piú, e, quando si leva, il primo luogo dove il sole appare. E però convenientemente possiamo chiamare la morte quell’orizzonte che ne tolse la vista degli occhi suoi, al quale questo nuovo Clizia, cioè l’amator degli occhi suoi, debbe tenere gli occhi fissi e fermi, venendo in considerazione che ciascuna cosa mortale, ancora che bella ed eccellentissima, di necessitá muore. E questa tale considerazione suole essere grande ed efficace remedio a consolare ogni dolore ed a mostrare agli uomini che le cose mortali si debbono amare come cose finite e sottoposte alla necessitá della morte. E chi considera questo in altri, può facilmente conoscere questa condizione e necessitá in se medesimo, servando quel sapientissimo detto che nel tempio d’Apolline era scritto: «Nosce te ipsum», perseverando in questo pensiero infin che la morte venga, la quale renderá il sole suo a questo nuovo Clizia, come l’aurora che rende a Clizia giá convertita in fiore, perché allora l’anima sciolta dal corpo potrá considerare la bellezza dell’anima di costei, molto piú bella che quella la quale era prima visibile agli occhi, perché la luce degli occhi umani è come ombra rispetto alla luce dell’anima. E cosí come la morte di colei è stata orizzonte all’occaso del sole degli occhi suoi, cosí la morte di questo nuovo Clizia sará all’orizzonte orientale che renderá a lui il suo sole, come l’aurora lo rende a Clizia giá conversa in fiore. Questo pensiero adunque parendomi fussi assai conveniente materia da mettere in versi, feci il presente sonetto:

     Quando il sol giú dall’orizzonte scende,
rimiro Clizia pallida nel volto,
e piango la sua sorte che li ha tolto
la vista di colui che ad altri splende.