Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.1, Laterza, 1913.djvu/67

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ii - comento sopra alcuni de’ suoi sonetti 61

interpetrare la perfezione della bellezza naturale e l’amore grande che non lasciava mancare alcuna, ancora che piccola, parte di bellezza a quella mano. Questa mano tanto bella adunque entrò nel petto mio, il quale trovò aperto per la ferita, che prima avevono fatta gli occhi, drieto alli quali subitamente entrò e ne trasse il mio cuore. Ebbono grazia gli occhi miei prima di conoscere la bellezza degli occhi suoi, e poi, come spesso avviene, o ballando o in altro simile onesto modo, fui fatto ancora degno di toccare la sua sinistra mano; perché sulla scala d’amore si monta di grado in grado. Ebbe tanta forza questa mano, cosí da me tócca, che mi tolse di me lo intero dominio, e, come abbiamo detto, trasse il cuore del mio petto, il quale, preso da questa mano, fu di principio legato molto stretto, di poi reformato di nuovo e fatto gentile da quella mano, perché il formare è proprio offizio delle mani. Ed essendo cosí reformato e fatto gentile, quella mano sciolse tutti i lacci e mise il mio cuore in libertá, perché, essendo fatto gentile, non poteva amare se non gentile cosa, né avere altro che gentilissimo obbietto, e nessuno piú gentile ne poteva trovare che la donna mia, anzi la vera gentilezza; e però non bisognava dubitare che mai piú si partissi da lei, perché giá stava sanza essere legato, né ancora si poteva dubitare che altra bellezza gli potessi piacere; perché, se quella cosa piace piú, la quale è o pare piú bella che l’altre, nessuna piú bella se ne poteva trovare che la donna mia, della quale si può veramente dire, per essere gentile e bella, quello che dice Dante. Di costei si può dire:

     Gentile in donna ciò che in lei si truova
e bello è tanto quanto lei simiglia.


     O mano mia suavissima e decora,
mia, perché Amor, quel giorno ch’ebbe a sdegno
mia libertá, mi dette te per pegno
delle promesse che mi fece allora;
     dolcissima mia man, con quale indora
Amor li strali onde cresce il suo regno:
con questa tira l’arco, a cui è segno
ciaschedun cor gentil che s’innamora.