Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.1, Laterza, 1913.djvu/79

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ii - comento sopra alcuni de’ suoi sonetti 73


Ancora che nel precedente comento abbiamo detto volere riservare alla esposizione del sonetto che comincia: «Della mia donna» ecc. che gran potenzia è ne’ sensi la immaginazione, nondimeno pare che accaggia al presente dire qualche cosa piú tosto dello effetto che della cagione. Interviene adunque molte volte che, quando altri sente qualche continua e non articulata voce, la immaginazione nostra si accomoda quella tale voce a quello che allora piú immagina; ed immaginando gli pare articulata quella tale voce, dandogli quel senso e facendogli dire quello che piú desidera. E comunemente sonando campane, cadendo un’acqua continova, pare che questo tale suono dica quella cosa che vuole colui che la immagina. Vedesi ancora, per esemplo di questo, qualche volta nelle nubi aeree diverse e strane forme d’animali e di uomini; e, considerando certa ragione di pietre, che sieno molto piene di vene, vi si forma ancora dentro il piú delle volte quello che piace alla fantasia. Questo medesimo interveniva a me, che ritrovandomi in un luogo amenissimo dove era uno chiaro ed abondante fonte, nel quale perpetualmente l’acqua cadendo da alto faceva uno dolcissimo mormorio, a me pareva che quel mormorio continuamente dicessi il nome della donna mia, perché questa era quella cosa la quale piú immaginavo e quel nome che piú desideravo sentire. Aiutava questo dolcissimo inganno l’essere giá suta la donna mia in questo luogo amenissimo ed avere guardato nel fonte, che di necessitá era diventato suo specchio, perché per qualche tempo aveva pure ritenuto in sé quella bellissima e chiarissima acqua la effigie bellissima della donna mia. E però non pareva impossibile alla credulitá delli amanti che quell’acqua, innamorata di sí bel viso, da quel tempo in qua col suo amoroso mormorio perpetualmente replicassi quello dolcissimo nome. Pareva per questo conveniente, se quelle acque erano di sí bel viso innamorate, che dovessino per sempre ritenerlo in loro né lasciarlo mai partire, come a me pareva che perpetualmente dicessino il nome della donna mia. E si può ben credere che la medesima immaginazione che mi faceva sempre udire quel nome, guidata da una amorosa simplicitá, mi conducessi ancora