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Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.1, Laterza, 1913.djvu/90

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84 ii - comento sopra alcuni de’ suoi sonetti


Assai copiosamente nelli due precedenti sonetti abbiamo mostro quanto siano piú veementi i pensieri notturni, e spezialmente gli amorosi. Ed, avendo fatto menzione solamente dell’afflizione che dánno li maligni pensieri, convenientemente pare che séguiti li due precedenti il presente sonetto, nella esposizione del quale accade mostrare quanta dolcezza portino li pensieri amorosi, che non procedono da molesta cagione; che ragionevolmente portono maggiore dolcezza che gli altri pensieri, se è vero che li maligni pensieri portino maggiore molestia, perché le medesime cagioni, che fanno il primo eccesso della infelicitá, producono ancora piú eccessiva felicitá, come diremo d’uno avaro, il quale ha tanto dolore, perdendo una quantitá di danari, quanto è la letizia se guadagnassi la medesima quantitá: perché, se gli è vero, come abbiamo detto nel precedente comento, che l’appetito sia quello che ci sottomette a’ casi della fortuna ed alle perturbazioni, pare necessario bisogni che secondo la quantitá dello appetito si misuri il bene e ’l male nostro. Ed essendo d’una medesima cosa il medesimo appetito, pare non solamente vero, ma necessario che la felicitá e infelicitá di quella tale cosa sia equale secondo equali gradi, o della privazione di quella cosa o dello adempiere l’appetito. Sono adunque gli amorosi pensieri dolcissimi e piú che gli altri soavi, quando procedono da dolce cagione, come mostra il presente sonetto. E, perché dicemo innanzi, che la infelicitá degli amorosi pensieri procedeva da privazione della cosa amata e dal sospetto che comunemente accompagna gli amanti, da due cagioni similmente procede la felicitá de’ pensieri giá detti, presupposta sempre la certezza che possino avere gli amanti della fede e amore della cosa amata. L’una cagione è che, pensando a qualche fresca e passata felicitá e contento, sopra alla quale il pensiero si dilata e volentieri a cosa a cosa rimembra, parendogli cosí facendo quasi piú prolungare la passata dolcezza. L’altra procede da una speranza assai vicina allo effetto del futuro bene, la quale abbi in sé tale certezza, che quasi lo facci parere presente. E, come la prima cagione dopo il fatto fa piú perpetuo il passato bene, cosí la propinqua speranza innanzi al fatto gli dá principio,