Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.2, Laterza, 1914.djvu/10

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4 vii - capitoli

     Pensa, se tanto tempo, ingegno ed arte25
avessi vòlto a piú giusto disio,
ti potresti or in pace consolarte.
     Se ver’ te fussi il tuo voler piú pio,
forse quel, che per te si brama e spera,
conosceresti me’, s’è buono o rio.30
     Dell’etá tua la verde primavera
hai consumata, e forse tal fia il resto,
fin che del verno sia l’ultima sera,
     sotto falsa ombra e sotto rio pretesto
persuadendo a te, che gentilezza,35
che vien dal cuor, abbi causato questo.
     Questi tristi legami oramai spezza:
leva dal collo tuo quella catena,
ch’avvolta vi tenea falsa bellezza:
     e la vana speranza che ti mena,40
leva dal cor, e fa il governo pigli
di te la parte piú bella e serena:
     e sottometta questa alli sua artigli
ogni disir al suo voler contrario,
con maggior forza e con miglior consigli:45
     sí che sbattuto il suo tristo avversario
non drizzi piú la venenosa cresta,
ma resti servo vile e mercenario.
     Quattro venti in mar fanno ogni tempesta,
percotendo la nostra fragil barca,50
da coste, poppa, prua, che mai non resta.
     Questi la fanno d’ignoranzia carca,
tal che convien che per perduta corra,
ch’esser dee d’ogni ben albergo ed arca.
     Con questo tristo incarco par che scorra,55
e ne’ piú cari lochi, ove star suole
le cose preziose e la zavorra.
     Il primo vento, che percuoter vuole
il disiato legno, è vana spene;
da prua il corso le interrompe e tole.60