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Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.2, Laterza, 1914.djvu/107

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xi - la rappresentazione di san giovanni e paolo 101

gli altri dormon con gli occhi di quest’uno;
e pari la bilancia ben tenere;
d’avarizia e lussuria esser digiuno;
affabil, dolce e grato si conservi:
il signor dee esser servo de’ servi.
     Con molti affanni ho questo imperio retto,
accadendo ogni dí qualcosa nuova:
vittoriosa la spada rimetto,
per non far piú della fortuna pruova,
ché non sta troppo ferma in un concetto;
chi cerca assai, diverse cose truova:
voi proverete quanto affanno e doglia
dá il regno, di che avete tanta voglia.


Costantin padre, detto che ha queste parole, si parte e se ne va copertamente, e di lui non si ragiona piú.


Costantino figliuolo alli due altri fratelli dice cosí:


     Cari fratei, voi avete sentito
di nostro padre le savie parole:
di non governar piú preso ha partito.
Succeder uno in questo imperio vuole;
ché, se non fussi in un sol fermo e unito,
saria diviso, onde mancar poi suole:
io sono il primo; a me dá la natura
e la ragion ch’io prenda questa cura.


Costante, uno de’ fratelli, dice:


     Io, per me, molto volontier consento
che tu governi, come prima nato:
e, se di te, o fratel, servo divento,
questo ha voluto Dio e ’l nostro fato.