Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.2, Laterza, 1914.djvu/21

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Venere parla.


     Su, ninfe, ornate il glorioso monte
di canti e balli e resonanti lire;
fate di fior grillande alme alla fronte:
     ché mi par Marte, amico mio, sentire,
e dalla plaga lattea su nel cielo5
visto ho la stella sua lieta apparire.
     Spargete all’aura i crini avvolti in velo,
e liete tutte nel fonte acidalio
graziose vi lavate il volto e ’l pelo.
     Le sacre Muse dal licor castalio10
di dolci carmi piene inviterete.
Stendete i drappi, ornate il ciel col palio.
     Bacco e Sileno mio liete accogliete:
e se Cerer non è sdegnata ancora
per Proserpina sua, la chiamerete.15
     Va’, Climen, ninfa mia, dall’Aurora:
digli che indugi alquanto il bel mattino;
lieta col suo Titon facci dimora.
     Tu, Clizia, andrai nel bel monte Pachino;
tu nel Peloro, e tu nel Lilibeo:20
guardate di Sicilia ogni confino;
     sí che Vulcano mio fabro flegreo
con Marte non mi trovi in adultèro,
donde fabula sia poi d’ogni deo.