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xv - canzoni a ballo 227

xxix


     E’ non c’è niun piú bel giuoco,
né che piú piacci a ciascuno,
ch’esser due e parer uno:
chi nol crede il pruovi un poco.
     Chi non lo sapessi fare,
venga a me ch’io gliene insegni;
non bisogna adoperare
a impararlo molti ingegni,
pur che da natura vegni,
come avviene all’asinino,
che non è mai sí piccino,
che non sappi fare un poco.
     Giá ne vidi una che n’era
nel principio poco destra,
e poi la seconda sera
diventò buona maestra;
ad un gambo di ginestra
l’insegnai la prima volta:
non mi fu fatica molta
a insegnarli sí bel giuoco.
     E’ bisogna sofferire,
lasciar far quel che t’e fatto,
e l’ingegno bene aprire,
chi imparar vuole ad un tratto;
non è niun sí sciocco e matto,
che, se ’l giuoco punto dura,
non l’insegni la natura
che s’impara a poco a poco.