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256 | xvi - canti carnascialeschi |
xi
Canzona de’ fornai.
O donne, noi siam giovani fornai,
dell’arte nostra buon maestri assai.
Noi facciam berlingozzi e zuccherini,
cociamo ancor certi caliconcini:
abbiam de’ grandi, e paionvi piccini,
di fuor pastosi e drento dolci assai.
Facciamo ancor bracciatelli ed i gnocchi,
non grati agli occhi, anzi pien di bernocchi:
paion duri di fuor, quando li tocchi;
ma drento poi riescon meglio assai.
Se ci è alcuna a chi la fava piaccia,
la meglio infranta abbiam che ci si faccia,
con un pestel che insino a’ gusci schiaccia,
ma a menar forte ell’esce de’ mortai.
Noi sappiamo ancor fare il pan buffetto,
piú bianco che non è ’l vostro ciuffetto;
direnvi il modo che n’abbiam diletto;
pensar, dir, far non vorrem’altro mai.
Convien farina aver di gran calvello,
poi menar tanto il staccio o burattello,
che n’esca il fiore e l’acqua calda, e quello
mescola insieme, e tutto intriderai.
Or qui bisogna aver poi buona stiena:
la pasta è fine quanto piú si mena;
se sudi qualche goccia per la pena,
rimena pur insin che fatto l’hai.
Fatto il pan si vuol porre a lievitare;
in qualche loco caldo vorria stare;
sopra un lettuccio puossi assai ben fare;
che in ordine sia bene aspetterai.