Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.2, Laterza, 1914.djvu/274

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268 xvii - rime varie o di dubbia autenticitá

     Mostra pur que’ begli occhi e non ti spiacci
il mio servire; e cosí Amor mi guida
ognor piú drento ne’ tenaci lacci;
     né resterá giamai finché me occida,
donna, se tua pietá non mi soccorre,35
ché Morte or mi minaccia ed or mi sfida.
     Ahi, folle mio pensier, che sí alto porre
vuolse l’affetto! Ma se a te m’inchina,
madonna, il cielo, or me li posso opporre?
     Cosí mi truovo in ardente fucina40
d’amore ed ardo, e son d’arder contento,
né cerco al mio mal grave medicina,
     se non quando mancar li spirti sento:
allor ritorno a veder gli occhi belli:
cosí in parte s’acqueta il mio tormento.45
     Talché, se pur talvolta veder quelli
potessi, o in braccio averti, o pure alquanto
tener le man ne’ crespi tuoi capelli,
     mancherieno i sospir, l’angoscia e ’l pianto
e quel dolor, in che la mente è involta,50
e in cambio a quel saria dolcezza e canto.
     Ma tu, dalli amorosi lacci sciolta,
crudel, non curi di mie pene allora,
anzi gli occhi m’ascondi, altrove vòlta:
     gli occhi tuoi belli, lasso! ove dimora55
il faretrato Amor ver’ me protervo,
ove suoi dardi arrota, ove gl’indora.
     E cosí il mio dolor non disacervo,
ma resto quasi un corpo semivivo
con piú grave tormento e piú acervo.60
     Ma fa’ quel vuoi di me, per fin ch’io vivo
io t’amerò, poiché al ciel cosí piace;
cosí ti giuro e di mia man ti scrivo.
     Né gesti o sguardi o parola fallace
d’altra non creder dal tuo amor mi svella,65
ché alfine io spero in te pur trovar pace.