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280 | xvii - rime varie o di dubbia autenticitá |
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Nenciozza mia, ch’iFonte/commento: Edimburgo, 1912 vo’ sabato andare
fino a Fiorenza a vender duo somelle
di schegge, che mi posi ieri a tagliare
in mentre che pascevan le vitelle;
procura ben se ti posso arrecare,
o se tu vuoi che t’arrechi cavelle,
o liscio o biacca dentro un cartoccino,
o di spilletti o d’agora un quattrino.
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Ell’è dirittamente ballerina,
ch’ella si lancia com’una capretta,
e gira piú che ruota di mulina,
e dassi delle man nella scarpetta.
Quand’ella compie ’l ballo, ella s’inchina,
poi torna indietro, e due salti scambietta;
ella fa le piú belle riverenze
che gnuna cittadina di Firenze.
22
Ché non mi chiedi qualche zaccherella?
ché so n’adopri di cento ragioni;
o uno intaglio per la tua gonnella?
o uncinegli o maglietti o bottoni?
o pel tuo camiciotto una scarsella?
o cintolin per legar gli scuffioni?
o vuoi per ammagliar la gammurrina
una cordella e seta cilestrina?
23
Se tu volessi, per portar al collo,
un corallin di que’ bottoncin rossi
con un dondol nel mezzo, arrecherollo;
ma dimmi se gli vuoi piccoli o grossi;
e, s’io dovessi trargli dal midollo
del fusol della gamba o degli altr’ossi,
e s’io dovessi impegnar la gonnella,
i’ te gli arrecherò, Nencia mia bella.