Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.2, Laterza, 1914.djvu/66

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60 x - altercazione

     Non fugge gaudio alcun nostra natura;25
spesso veder quelle cose rifiuta,
che stima esser moleste o di gran cura.
     Colui che vede non ha sempre avuta
dolcezza pel veder; ma vede e intende
chi di gaudio ha la mente sua compiuta.30
     E come piú nostra natura offende
dolersi che ignorar, pel suo contrario
il gaudio per piú ben che ’l veder prende.
     Non è giudicio buon dal nostro vario,
che questo gaudio sia l’ultimo bene,35
s’è dolor primo mal, ch’è suo avversario.
     E come alla natura nostra avviene
fuggir dolor per sé, e per dolore
qualunque cosa come somme pene;
     cosí gaudio per sé disia il core,40
e pel gaudio ogni cosa, ed a quel corre,
sí come a sommo bene, il nostro amore.
     Come non puoi nel numer de’ buon porre
un che sol veda il ben, se nol disia,
pur coll’intento che il può dare e tôrre;45
     cosí convien che l’alma nostra sia
divina amando Dio, non sol vedendo,
che gode allor quel che ha veduto pria.
     Avviene all’alma nostra, Dio intendendo,
che a sua capacitá tanta amplitudine50
contrae, e Dio in sé vien ristrignendo.
     Amando, alla sua immensa latitudine
amplifichiamo e dilatiam la mente:
questo par sia vera beatitudine.
     Vedendo, dello immenso onnipotente55
pigliam la parte sol che cape in noi
e quel che l’alma vede allor presente.
     Amando, e quel che allor vedi amar puoi,
e quel piú che il pensier tuo t’ha promisso
dell’infinita sua bontá dipoi.60