Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.2, Laterza, 1914.djvu/72

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66 x - altercazione

     La tua sublimitá mi levi in su,
quella sublimitá che è eminente
ed alta piú che alcun’altra virtú.30
     Lo splendor tuo mirando e rilucente,
di bontá mirabile e bellezza,
penetra l’alme, i corpi, e pria la mente.
     Quest’immensa bontá, questa vaghezza
m’alletta, scalda, incende, e mi costrigne35
sanza ch’io il sappia: oh singular chiarezza!
     Vola il desir, ma poi pigra s’infigne
l’alma, pensando che alla gloria eterna
finite passion non son condigne.
     O unica fortezza, alta e superna,40
porgi la mano al mio zoppo disio:
la tua pietá la sua miseria cerna.
     Speranza intera, o sol refugio mio,
guida il cor che tu chiami, e in te ricetta
quel che costrigni a te venire, o Dio.45
     Quel che tormenti, contenta e diletta,
refrigera quel ch’ardi, come io spero,
perché tu se’ la letizia perfetta.
     Fonte d’ogni letizia, gaudio intero,
io so che tu se’ solo, ed in te giace50
quel che appetisce il nostro desidèro.
     Perché se questo, ovver quel ben, ne piace,
non cerca il disio nostro, o quello o questo,
ma il bene in essi, dov’è la sua pace.
     La qualitá del bene il cuore ha chiesto55
in ogni cosa, e il salutar licore
che vive in sé, e spargesi pel resto.
     Al fonte di quest’acqua corre il core;
questo perenne fonte cerca e cole
sparto in qualunque cosa inferiore.60
     E come quel che l’occhio vede è Sole,
che in quella e questa cosa chiar si mostra,
cosí è un solo ben, che il mondo vuole.