Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/126

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lucifero

                           — Povera stolta!
Già toccar le parea gli astri co’l dito! —
— Altro! Prostrate e pallide al suo piede
Bice e Laura vedea!
                           — Cinta d’alloro,
Come le anguille, in groppa al suo poeta
280Credea varcar l’eternità!
                           — Ma il remo
Dice all’onda che passa: io ti saluto!
E l’ape dice al fior: verrò tra poco! —
— E l’ingenua sposina aspetta ancora
L’asin che voli, e l’amor suo che torni! —
    285Tanto dolor la povera Isolina
Onta cotal più non sostenne: ai cari
Tetti involossi; abbandonò nel pianto
La materna dolcezza; e, le notturne
Ombre spregiando e le natíe paure,
290La dolente sua vita al mar commise.
O il mar pietoso, il crudo mar! Dei suoi
Freddi baci l’avvinse; addormentolla
Nei letti suoi, pria che donarla al novo
Ferreo dolor che l’attendea sul lido.
    295Su la fossa di lei, presso a la sponda
Or Lucifero siede. Alta d’intorno
Spazia la notte; vaporosa e scarna
Tremula su le grigie acque la luna;
Ei grandeggia fra l’ombre; occulte voci
300Mormora il labbro suo: rupe il diresti,
Che, di fosco chiaror lambita ai fianchi,
Spinga ai venti la cresta, e di confuso
Scroscio risuoni al dirocciar d’un rio.
Scuro e immoto così pende l’eroe
305Su la zolla pietosa. Amor, che preda
Fa di giovani vite, e nella cara
Lucida vita delle cose alberga,



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