Senno, che le falangi ordina, e a prova
Le guida e regge a dominar la sorte?
Già il vincitor superbo di Sadòva
Della reggia di Francia urge alle porte, 215E l’accerchia, e la serra, e con orrenda
Fame di strage intorno a lei si attenda.
Etna così, quando dai fianchi immensi
L’infocata trabocca onda funesta,
E di torride sabbie e zolfi accensi 220I campi opprime, e l’aria accende e infesta,
Al gramo agricoltor, che con intensi
Sguardi spia se il torrente igneo s’arresta,
L’arduo bosco, le fertili contrade,
La dolce vigna, il caro tetto invade.
225Silenzíosa a quell’ardir nefando
Stette Europa e guatò; stetter gl’infidi
Regi, e nullo è di lor che snudi il brando,
E pace imponga, e il dritto invochi, o gridi.
Nè però il cor perdono i Franchi; e quando 230Men lungi è il male, ognun par che più fidi:
Generosa fidanza, eroico inganno,
Che abbaglia i cori, e fa più grave il danno.
Ferve il popol invitto, e mai non resta
Per mutar d’ore o per mancar di giorno, 235Ed armi e ordegni e vettovaglie appresta,
E boschi incide, e spiana campi intorno;
Di su, di giù, da quella parte a questa,
Gente industre che va, che fa ritorno,
E s’ingegna, e s’adopra a far sicuri 240Le contrade, le vie, le case, i muri.
Fra cotanto agitar d’opre e di cose,
E provvidenti gare e zelo austero,