Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/218

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lucifero

Che tutta chiusa nel virgineo peplo
Rigida custodía l’are di Vesta,
Una discinta Maddalena adduce
550Ad insegnar cascaggini eleganti
Per le tiepide alcove, o a tesser balli
Vertiginosi fra le nubi, e un’onda
Versar quinci di ritmi e di profumi
Sopra le folleggianti anime umane.
555Ecco, ei viene, ei risplende. Altero e bello
Ne la modestia sua con misurato
Passo s’inoltra; e benchè svelto e lieve
Scivoli sovra i piè, pur non sostenne
L’arguto calzolar, ch’ei non proceda
560Senza un qualche rumor: però che volle
Sotto al tornito stivaletto, a cui
Ròdope stessa invidierebbe, un nido
Porre di crepitanti e scricchiolanti
Genj, che possan dire anco ai lontani:
565Ecco il nume, adorate! In simil guisa
Dall’Olimpo al boscoso Ida venía
Il saturnio signor, quando all’incontro
Dolce ridente gli schiudea le braccia
La placata consorte, e sotto il passo
570Gli stridean le selvagge aquile e il fascio
Dei serpeggianti folgori. Alla soglia
Fermasi un tratto; la sottil mazzetta
Palleggia, ed il sereno occhio d’intorno
Muove in cerca di lei, vergine o sposa.
575Donna o dea, ch’ai suoi lauri un qualche intrecci
Gentil fior di pensiero, e stilli unguenti
Sopra le nevi del ben culto crine.
Bice è là, che l’attende: ecco, si spicca
Dal picciol crocchio delle sue compagne,
580E gli muove d’incontro e gli confida
Nel morbido candor del niveo guanto



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