Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/260

Da Wikisource.

lucifero

Campi sorvola, e generoso adempie
Di bionda mèsse i rustici abituri.
Così lauta mercede all’uom prepara
L’esperimento del dolor. Dai solchi
95Seminati d’umane ossa fuor balza,
Santa prole dell’opra e dell’affanno,
La Libertà, premio ai costanti: umana
Diva, ignota ai Celesti, ella inghirlanda
Dei raggi suoi l’ardue fatiche, e serba
100Ad ogni affanno una vittoria. E quale
Dono è quaggiù, che non da lei derivi?
Per essa han luce ed armonia le genti
E veritade ed uguaglianza e vita,
Poi che vita non ha, nè veramente
105Uomo è chi giace in servitù, ma ignaro
Bruto, ch’à in sorte il brago e la catena...
Vivon sol d’essa i generosi, ed io
Son la sua voce, e gli ozíati scanni
Del ciel per essa e volentier sdegnai.
110O solenni cadute, o gloríose
Sconfitte a cui libera vita io deggio,
Ricordando, mi esalto! E dovea forse
Crogiolarmi fra’ sogni aurei del cielo
Eternamente, io re degl’inquíeti
115Spiriti? Assiso ai tiepidi banchetti
In silenzio vorar le dispensate
Manne, io figlio dell’opra? Erger le palme
Supine a Lui, che, del suo nulla esperto,
Pur nell’impero dell’error si ostina?
120La terra elessi, ed ei cadrà! Dell’ali,
Ch’ebbi inutili al dorso, armai la mente;
Della luce del fronte il petto istrussi;
Con l’uom piansi ed amai: scrissi co’l sangue
Le sue vittorie; e già n’è presso il giorno,
125Che Dio dal regno e dalla vita escluda! —



— 256 —