Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/283

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canto decimoquarto

Di purissima luce e di colori
Si diffuse d’intorno, e parte n’ebbe
195Ciascun pianeta e non minor la terra.
Tal, se indagine umana il ver ne scopre,
Versa tesor di colorati raggi
Sovra i cultori suoi Perseo superbo,
Perseo, che all’alba Galassèa nel grembo,
200Qual trionfante eroe, splendido incede,
E trono e serto ha di due Soli: un, tutto
Fiammeggiante di porpora, vermigli
Dardi per l’aria, a par di Sirio, avventa;
L’altro in un vel di cupo indaco avvolto
205Mestissimo risplende, e d’ambi al raggio
In cento iri d’amor l’aria si frange.
    All’aspetto di lei, luce costante
Del suo pensier, verbo non ebbe o voce
O sospiro l’eroe; sol di quantunque
210Forza d’amplessi alle sue braccia, e al ciglio
Splendor di sguardo a lui mai diede Amore,
L’abbracciò tutta quanta, e la comprese.
Ella parlò:
                  — Me non la luce, o il cielo,
Ma la terra natía covre e trasforma
215Con benigna virtù: polvere io sono,
E su le membra, che l’amor fioría,
Or l’argentea rugiada educa fiori,
Tra cui l’armoníosa aura susurra.
Però non ammirar, se agli occhi tuoi,
220Siccome un dì, pur tuttavia risplendo
Entro la luce dei miei giovani anni:
Miracolo è d’Amor; palpito e vivo
Immortal vita nel tuo petto, e queste
Forme fiorite, che l’amor mi dona,
225Altro non sono che veder, per cui
L’anima tua pietosamente illude. —



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