Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/284

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lucifero

    Con questi detti eran venuti all’auree
Case del Sol, che tutto vede. Agli occhi
Dello stupito eroe di luce nuova
230Balenò la fanciulla, e tanta prese
Parte di lui, che dentro a lui disparve.
Dritto sul fiammeggiante astro egli stette
Con eccelso pensier: fra quel deserto
Vastissimo di luce, immensurata
235Granitica parea mole, che sfidi
La procella dei sordi anni e del cielo.
Dove figge lo sguardo? Al globo estremo,
Che i pensanti mortali alberga e nutre,
Veglian perpetue le sue cure. Orrende
240Cose egli vede in quell’istante: oscure
Carceri e ferri cigolanti e ruote
Stridule sopra a vive ossa e cadenti
Sovra al collo dell’uom nitide scuri
E torbe fiamme crepitanti, ingorde
245D’umane carni e gorgoglianti abissi,
Da cui, fra un vasto popolo di morti,
Pochi, indomiti capi alzansi a guisa
D’incrollabili rupi e di Titani;
E, sopra tutto, galleggiante un’ara
250Lucida ai roghi, e in cima ad essa un muto
Fantasima, che or dorme ed or sogghigna
Villanamente. Fiammeggiò negli occhi
Terribile l’uman Dèmone, e tutto
Dal profondo del cor svegliando il grido,
255Queste all’aure avventò voci supreme:

                — O voi, che nella fossa
            Da tanti anni dormite,
            Vestite i nervi e l’ossa,
            Fuor della morte uscite;
            260Dall’una all’altra riva,



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