Pagina:Lucrezio e Fedro.djvu/112

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98 di Tito Lucrezio Lib. VI.

     Conciossiachè si scalda, e pe ’l suo rapido
     Moto, e del foco pe ’l contatto, e quindi
     Non sì tosto per se ferve agitata
     L’ energia di quel vento, o gravemente
     425Delle fiamme l’assal l’impeto acerbo,
     Che tosto allor quasi maturo il fulmine
     Squarcia l’opaca nube, e di corusco
     Splendor l’aer illustrando il lampo striscia,
     Cui tal grave succede alto rimbombo,
     430Che repente spezzati opprimer sembra
     Del ciel gli eccelsi templi. Indi un gelato
     Tremor la terra ingombra, e d’ogn’intorno
     Scorron per l’alto ciel murmuri orrendi;
     Che tutta quasi allor trema squassata
     435La sonora tempesta, e freme, e mugge;
     Per lo cui squassamento alta, e feconda
     Tal dall’Etra cader suole una pioggia,
     Che par, che l’Etra stesso in pioggia volto
     Siasi, e che tal precipitando in giuso
     440Ne richiami al diluvio. Or sì tremendo
     Suon dal ratto squarciarsi ’n ciel le nubi
     Vibrasi, e dalla torbida procella
     Del vento in lor racchiuso, allor che vola
     Con ardente percossa il fulmin torto.
445Talvolta ancor l’impetuosa forza
     Del vento esternamente urta, e penètra
     Qualche nube robusta, e di maturo