Pagina:Lucrezio e Fedro.djvu/137

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di Tito Lucrezio Lib. VI. 123

     Brevemente narrarti. In prima adunque
     Che si chiamino averni, il nome è tratto
     Dalla lor qualità; poichè nemici
     1100Sono a tutti gli augei. Perch’ivi appena
     Giungon volando, che scordati affatto
     Del vigor delle penne, in abbandono
     Lascian le vele, e qua, e là dispersi
     Ruinan con pieghevoli cervici
     1105A precipizio in terra, s’è pur tale
     La natura del luogo; ovvero in acqua,
     Se un lago ivi si stende. Un simil lago
     È preso a Cuma assai vicina al monte
     Vesuvio, ove continuo esalan fumo
     1110Piene di calde fonti atre paludi.
     Enne un d’Atene in sulle mura in cima
     Della rocca di palla, ove accostarsi
     Non fur viste giammai rauche cornici;
     Non allor che di sangue intrisi e lordi
     1115Fumano i sacri altari; e in così fatta,
     Guisa fuggendo van, non le vendette
     Dell’adirata Dea, qual già de’ Greci
     Cantar le trombe adulatrici, e false;
     Ma sol per se medesma ivi produce
     1120La natura del luogo un tal effetto.
Fama è ancor, che in Soria si trovi un altro
     Averno, ove non pur muojan li augelli,
     Che sopra vi volar; ma che non prima