Pagina:Lucrezio e Fedro.djvu/21

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di Tito Lucrezio Lib. V. 7

     Primieramente il mar, la terra, e il cielo.
     La loro essenza triplicata, i loro
     Tre corpi, o Memmio, tre sì varie forme,
     Tre sì fatte testure un giorno solo
     155Dissolverà; nè se mill’anni, e mille
     Si resse eterna, durerà, ma tutta
     La gran macchina eccelsa al fin cadrà.
E so ben io, quanto impensata e nova
     Cosa, e stupenda è per parerti, o Memmio,
     160La futura del mondo alta ruina;
     E quanto il ciò provar con argomenti
     Sia difficile impresa: appunto come
     Succede, allor che inusitate e strane
     Cose apporti all’orecchie, che negato
     165T’è non per tanto il sottoporle al senso
     Degli occhi, e delle mani, onde munita
     S’apre il varco la fede, e può sicure
     Del cor guidarle, e della mente al tempio.
     Ma io pur la dirò: forse a’ miei detti
     170Per se medesmo intera fede il fatto
     Sforzeratti a prestar: forse vedrai
     L’ampia terra agitata orribilmente
     Squassars’in breve, e dissiparsi il tutto;
     Il che lungi da noi volga fortuna,
     175E piuttosto il mio dir, che il fatto stesso
     N’induca a confessar, che debbe al fine
     Dagli urti dell’età percosso e vinto


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