Pagina:Lucrezio e Fedro.djvu/215

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Lib. III. Fav. X. 201

     30Rattener il furor, ch’il cuor gl’ingombra,
     S’accosta al letto, ed a tentone cerca,
     S’alcuno vi dorme: allor ch’a certi crini
     S’accorge, che v’è un uom, nulla avvertendo,
     Purchè il dolor de l’onta, e l’ira sfoghi,
     35Tutto al figlio nel petto il ferro immerge.
     Portano intanto il lume; il figlio vede,
     E la casta consorte ancor nel primo
     Sonno involta, onde nulla udito avea.
     Del suo delitto nel pensier raggira
     40La giusta pena, e il ferro, di che armollo
     Stolta credulitade, in se rivolge.
     Accusata la moglie, a Roma è tratta
     Al tribunal de i cento. Sua innocenza
     Sembra oscurar l’eredità ch’ottenne.
     45Ma chi quella difende, non consente
     Che per sospizion si tragga a morte.
     Ne l’ardua quistion sospesi i Giudici,
     Pregano Augusto ch’ei, disciolto il nodo,
     Porti a la fe del giuramento aita.
     50Le tenebre ch’avea calunnia avvolte
     Sgombrate, e il ver ne la sua fonte appreso:
     Paghi (dice) il Liberto, che n’è autore,
     La pena. L’empio e sposo e figlio uccise.
     Merta pietà la Donna, e non gastigo.
     55Che se i neri delitti avesse il vecchio
     Sollecito ricerco, e la menzogna