Pagina:Lucrezio e Fedro I.djvu/207

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di Tito Lucrezio Lib. III. 179

     Drizzasser gli occhi a rimirar quel peso,
     Che sì gli opprime, e manifeste e conte
     Fosser lor le cagioni, onde ciò nasca,
     1585Ed onde ognor tanta, e sì grave alberghi
     Quasi mole di male entro i lor petti,
     Non così viverian, come veggiamo
     Viver molti di lor senza sapere
     Nè pur quel, che si vogliano; nè sempre
     1590Vorrian luogo mutar, quasi potessero
     Da tal peso sgravarsi. Esce sovente
     Un fuor di casa, a cui rincresce omai
     Lo starvi, e quasi subito vi torna;
     Come quello, che fuori esser non vede
     1595Cosa, che più gli aggradi. A tutta briglia
     Caccia questi ’l cavallo, e furioso
     Quasi ajuto apportar debba all’accese
     Mura del suo palagio, in villa corre;
     Ma tocco appena il limitar bramato
     1600Sbadiglia, e dorme, e d’obliar procura
     Ciò che tedio gli reca; e torna in fretta
     Di novo alla città. Fugge in tal guisa
     Se stesso ognun; ma chi non può fuggirsi
     Stassi ingrato a se stesso, e si tormenta,
     1605Sol perchè nota la cagion del morbo
     All’infermo non è: che se mirarla
     Senza velo potesse, ogni altra cura
     Posta in non cale, a contemplare omai


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