Pagina:Lucrezio e Fedro I.djvu/208

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180 di Tito Lucrezio Lib. III.

     Di natura i segreti, e le cagioni
     1610Tutto si volgeria: che non d’un’ora,
     Ma d’infiniti secoli in contesa
     Si pon lo stato, in cui dopo la morte
     Staranno in ogni età tutti i mortali.
     In somma qual malvagia avida brama
     1615Di vita paventar sì fattamente
     Ne’ dubbiosi pericoli ti sforza?
     Certo è il fin della vita: ogni mortale
     D’uopo è, che muoja. In un medesmo luogo
     Sempre oltre a ciò dimorasi, e vivendo
     1620Mai non si gode alcun piacer, che novo
     Si possa nominar. Ma se lontano
     Sei da quel, che desideri, ti sembra,
     Che questo ecceda ogni altra cosa; e tosto
     Che tu l’hai conseguito, altro desio
     1625Il cor ti punge. Un’egual sete han sempre
     Quei, che temon la morte, e mai non ponno
     Saper, che sorte la futura etade
     Appresi, o ciò che portar deva il caso,
     O qual fin lor sovrasti. Ed allungando
     1630La vita, non per tanto alcun non puote
     Scemar del tempo della morte un pelo;
     Nè punto sminuir la lunga etade,
     In cui star gli convien privo di vita.
     Onde ancorchè vivendo un uom godesse
     1635Ben mille, e mille secoli futuri,