Fian senza intoppo, ir non dovran più ratte,
E più spazio passar nel tempo istesso, 315Che la luce, e ’l vapor passano il cielo?
Ma di quanto l’immagini de’ corpi
Sian veloci nel corso, io per me stimo
Esser principalmente indizio vero
L’esporsi appena all’aria aperta un vaso 320D’acqua, ch’essendo il ciel notturno, e scarco
Di nubi, in un balen gli astri lucenti
Vi si specchian per entro. Or tu non vedi
Dunque omai, quanto sia minimo il tempo,
In cui dell’auree stelle i simolacri 325Dall’eterea magion scendono in terra?
Sicchè voglia, o non voglia, è pur mestiero,
Che tu confessi esser vibrati intorno
Questi minimi corpi atti a ferirne
Gli occhi, e la vista provocarne, e sempre 330Nascere, ed esalar da cose certe;
Qual dal sole il calor, da’ fiumi il freddo,
Dal mare il flusso, ed il riflusso edace
Dell’antiche, muraglie a i lidi intorno.
Nè cessan mai di gir per l’aria errando 335Voci diverse; e finalmente in bocca
Spesso di sapor salso un succo scende,
Quando al mar t’avvicini; ed all’incontro,
Mescer guardando i distemprati assenzj,
Ne sentiam l’amarezza. In così fatta