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Pagina:Luigi Barzini. Sotto la tenda.djvu/108

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La vita sociale delle tribù marocchine ha trovato modo di confinarsi fra leggi rudimentali che nessun governo ha promulgato, leggi semplici che rappresentano la prima voce di un sentimento umano, che attingono tutta la loro forza nelle profondità dell’anima dove si formano le oscure paure dell’invisibile. Hanno perciò un fondamento religioso e un carattere sacro.

Si può rintracciare vagamente la loro origine. La libertà di ammazzare, per esempio, ha avuto per logica conseguenza la reciprocità, ossia la libertà di ammazzare chi ammazza: questa è la vendetta.

Contro al delitto è sorta la vendetta, come istituzione riparatrice. Vendicarsi è divenuto un dovere assoluto verso un morto ― incosciente impulso dovuto ad un primitivo istinto di giustizia ― e il vindice è più forte di colui che ha commesso il delitto poichè non agisce per libero arbitrio, ma ubbidisce ad un comando che viene dal pauroso mistero della morte. Egli è ritenuto il mandatario di Allah, il designato alla giustizia divina, ed è venerato come un sacerdote che compia sagrificio di sangue. La folla s’apre riverente quando egli passa con l’arma alla mano. Ed ecco che il naturale desiderio di ereditare dal primo che capita trova nella vendetta un serio ostacolo. La vita acquista una difesa.

Nel caos tempestoso delle passioni brutali si leva dominante la prima voce della dignità umana.


Così un’altra istituzione è sorta a disciplinare la libertà del brigantaggio: l’ospitalità. Nella visione maomettana dell’universo tutto quanto avviene è stabilito in precedenza dalla volontà divina (da qui la mancanza negli uomini d’uno sforzo verso il bene e la rassegnazione a tutte le sciagure). Il buon Dio dell’Islam è intento a muovere ogni cosa nel mondo, vero burattinaio di questo teatro minuscolo e immenso. Lo sconosciuto che bussa ad una porta è dunque inviato da Dio. Chiunque sia quest’uomo è sacro. È l’ospite di Allah. Se non si vuole accoglierlo bisogna allontanarsi prima del suo arrivo, fargli trovare le case vuote, il villaggio deserto, avere di fronte all’Onnipotente questo pretesto: Io non c’ero!...