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88 in un ospedale


luto scrivere qualche cosa sul ventaglio che gli avevano messo in mano per rinfrescarsi il volto febbricitante. Faticosamente vi ha tracciato col lapis questa frase: «Sempre avanti i bravi alpini per la grandezza della patria!». E, soddisfatto e assorto, egli agita stancamente il ventaglio, come se ascoltasse nel soffio leggero della carta il grido che le ha confidato.

Il suo letto è in fondo ad una grande sala. Ora l’alpino migliora, e sulla lavagna fissata alla spalliera un numero indica che la febbre scema. Quando le sue condizioni erano più gravi ed egli pareva moribondo, arrivò dal suo paese, da Belluno, il padre chiamato di urgenza. Era un grosso montanaro vestito a festa, dall’aria di fattore, con una gran catena d’orologio attraverso il panciotto, la faccia colorita tagliata da un paio di baffoni neri. Commosso, incapace di parlare, le mascelle convulse, gli occhi pieni di lacrime, il padre si fermò ai piedi del letto. E fu il figlio che, sorridendo con le labbra bianche, gli fece coraggio: «Vieni avanti, animo, non temere, vedrai che non è niente, diamine!...».

Questo soldato ritornerà alla vita e alla salute grazie al successo di una difficile operazione che egli ha subìto. Come lui, innumerevoli sono i feriti salvati dalla scienza e dall’abnegazione di chi li cura.

Un risultato così straordinario è dovuto prima di tutto alla perfezione delle prime medica-