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tra lo stelvio e il tonale 93


echeggiando lungamente per le gole dirupate e nude, un rombo di cannoni.

Il paesaggio si è fatto a poco a poco di una maestà sinistra. La Valtellina, che si risale lungo il corso limpido e veloce dell’Adda, si è andata restringendo e oscurandosi fra balze ripide, che rovesciano di quando in quando fino alla strada lunghe frane di macigni attraverso le boscaglie di abeti. Sboccando sulla prateria in fondo alla quale Bormio si adagia, pare che non vi siano più vie di uscita. Il verde delle vegetazioni risale tutto intorno, poi cessa bruscamente, e la immane corona delle rocce nude si erge impetuosa, a picco, irrompendo vertiginosamente dalle terre viventi, nuda, sterile, grigia, fino alle diafanità azzurrastre di altitudini prodigiose, striata sulle vette da uno splendore di nevi. Le imboccature delle gole superiori non si scorgono a prima vista; la strada che sale allo Stelvio sembra perdersi in una fenditura inaccessibile del monte.

Da questa fenditura, prolungato da mille echi, scende il tuono delle artiglierie.

Non abbiamo potuto avvicinare le posizioni oltre Bormio, ma le notizie affluiscono nella piccola città montanara.

Allo Stelvio si appoggia la nostra estrema sinistra. La lotta ferve intorno al passo, il cui possesso si contende. La battaglia si svolge a tremila metri di altezza. Come quasi per tutto, gli austriaci posseggono posizioni domi-