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308 la conquista della conca di plezzo


La conca di Plezzo è, per dir così, un convegno di valli in mezzo ad una aspra, maestosa confusione di montagne dalle vette dirupate e nude. Essa appare come un ondulato lago di verdure e di vita, con un fosco bordo di selve, in un anfiteatro selvaggio di pendici e di balze. Vedevamo la conca da ponente; ci affacciavamo su di essa dalla soglia di una delle sue quattro porte. Sono infatti quattro gole intorno. Quella dell’alto Isonzo a levante, quella del Predil al nord-est, quella del basso Isonzo a ponente (allo sbocco della quale noi eravamo), quella dello Slatenik al sud, risalente verso le cime del Monte Nero. Fra una valle e l’altra, un massiccio montuoso, un profilarsi formidabile di declivî scoscesi, fra i quali le valli pare si restringano simili a fenditure tenebrose.

Ma ogni valle è una strada, e tante strade facevano della conca di Plezzo un luogo di concentrazione e di distribuzione della forza austriaca. Plezzo ci minacciava, costituiva per noi un pericolo, era una delle basi preparate per l’invasione. Le strade austriache del Fella e del Predil, quelle magnifiche vie che da Pontafel, per Malborghetto, Tarvis e il passo del Predil, scendono a Plezzo possentemente fortificate, allacciate alle grandi arterie del Gail e della Drava, cingevano di una formidabile tenaglia il nostro estremo saliente della frontiera. Battendo Malborghetto e battendo Plezzo