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416 sulle pendici del carso


guiva passo passo. Cadevano giù a gruppi i fuggenti colpiti, costellavano la terra di corpi. Centoventi soltanto poterono giungere a consegnarsi. Certe volte si direbbe che i reticolati servano assai più a trattenere gli austriaci dal rendersi che a difender loro dai nostri assalti.


Il cannoneggiamento furibondo, insistente e preciso che preparava gli attacchi delle nostre fanterie, sbalordiva e accasciava il nemico nelle sue trincee. L’assalto spesso lo trovava inerte, sperduto. I nostri primi reparti arrivavano, intimavano la resa, e continuavano l’attacco, andavano oltre, lasciando alle seconde linee la cura di raccogliere i prigionieri e di spingerli giù, verso le retrovie. Gli ufficiali austriaci che non stanno con i loro uomini, perdevano ogni controllo di comando. Dietro ad ogni trincea nemica, lontano dieci o quindici passi, vi sono dei minuscoli ricoveri; delle buche blindate; nella trincea sono i soldati, nelle buche gli ufficiali. La truppa non può muoversi, presa come è fra i reticolati e le pistole dei suoi superiori. Sapiente disposizione.

I primi tempi i nostri soldati, intenti alla trincea, non badavano alle tane dei comandi che erano alle spalle, e proseguendo incalzanti alla conquista delle linee successive erano spesso feriti da misteriosi colpi a bruciapelo. Poi impararono. Correvano dritti alle buche, e affacciando la punta della baionetta nell’a-