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420 | sulle pendici del carso |
sione angosciosa che fosse un fuoco di sterminio.
Improvvisamente si svegliò un tuono più
alto, più violento, più vicino: le nostre artiglierie
entravano in azione. Per qualche tempo
il fumo dei colpi avvolse gli stessi punti. Poi,
ad un tratto, parve che gli shrapnells austriaci
battessero più in là, che i cannoni nemici raccorciassero
il tiro; l’uragano si allontanava, si
videro i nostri colpi spostarsi subitamente, andare
lontano lontano. Si comprese che facevano
un fuoco d’interdizione, che chiudevano la strada
ad un nemico in fuga.
L’attacco era stato dato con dense e profonde formazioni, a grandi masse. Erano arrivate impetuose quando la preparazione delle artiglierie nemiche poteva far credere di avere decimato ed estenuato la difesa. Ma una delle più belle qualità del nostro soldato è la resistenza morale al bombardamento. L’attacco si abbattè sulla prima linea in piena efficienza, duramente provata ma pronta alla lotta. La battaglia fu accanita. Le onde di assalto si formavano e si riformavano, ma l’artiglieria nostra aveva avuto una prontezza fulminea nell’intervenire in soccorso della fanteria. Il suo fuoco era di una precisione spaventosa; molti dei punti sui quali si concentrava il tiro erano in diretta visione delle batterie. Lunghi tratti del campo di battaglia si prospettavano in declivio avanti ai cannoni, che scrivevano i loro colpi come sopra una lavagna. Si poteva por-