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aspetti della lotta sull'isonzo 69


dere il fuoco su quel punto, e a portata di voce dagli austriaci fortificati i nostri soldati lavorano a sistemare le trincee avanzate che hanno preso, nelle quali raccolgono le armi abbandonate dal nemico.

Alcuni fucili austriaci, nuovissimi, portano impressa sulla canna un’aquila, ma non bicipite. È un’aquila con una sola testa, e posata sopra una foglia di cactus, le ali aperte, essa tiene fra gli artigli e nel becco un serpente che si torce avvolgendola nelle sue volute; in giro all’aquila le parole: «Republica Mexicana». Ancora i fucili di Massimiliano? No, sono i mausers preparati per il generale Huerta, e rimasti «per conto», il destinatario essendo partito senza lasciare indirizzo.

Di tanto in tanto, nel rombare delle cannonate, echeggia un boato più possente e profondo degli altri, che domina il frastuono come un colpo di grancassa in un concerto. È il famoso obice austriaco da 305.

Si sapeva all’inizio della guerra che c’erano dei 305. Qualche profugo li aveva visti passare, trascinati da file di buoi e scortati, pare, da artiglieri tedeschi. Ma, efficaci nella demolizione di fortezze, i 305 sembravano inutili in una difesa a campo aperto dove il loro colpo, costosissimo, lanciato sopra un bersaglio vago, non poteva produrre molti più danni d’un altro qualsiasi colpo di grosso cannone. Perciò, ad onta delle informazioni, si dubitava della loro