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156 l’argentina e gli italiani


scala delle posizioni sociali vi è un gradino di più, in basso: dopo il povero viene l'immigrante. Esso è più povero del povero nella conoscenza dell'ambiente e delle condizioni della sua nuova vita. Esso non potrà elevarsi che col lavoro, la sobrietà ed il risparmio. Questo significa che sarà costretto ad una vita di sacrificî, di gretterie e di umiliazioni, la quale, in mezzo al lusso dell'ambiente argentino e alla grandiosità dissipatrice dei «figli del paese», formerà un contrasto stridente che porrà l'emigrante sotto una luce ancora più dispregevole.

Osserviamo un emigrante qualunque, un emigrante «tipo» — piemontese o calabrese, poco importa — che arriva dal suo campo in cerca della fortuna. È umile per necessità, timido per ignoranza, si presta ad essere sfruttato e malmenato in silenzio perchè non conosce i suoi diritti — del resto comprende ben presto che il reclamare per i torti ricevuti è inutile, se non rovinoso, e che egli è solo e abbandonato. — Egli ammira tutto perchè nulla ha visto mai. Ciò che è diverso per lui è migliore. Conserverà della Patria una nostalgia istintiva, l'amore per i luoghi ove si è nati, quell'amore che il tempo ed i ricordi rendono sempre più dolce: amerà ricordarla, ma più andrà avanti con gli anni e meno conoscerà la vera grandezza e le glorie del suo Paese, perchè nella sua mente l'idea della Madre Patria non sarà altro che l'idea del suo passato. Vedrà lontano una casupola, un villaggio, una valletta; la sua casa, il suo villaggio, la sua valle. Quella è l'Italia; tutto il resto è vago, incompreso, indefinito. Talvolta si accorge che la sua qualità di straniero lo esclude da mille benefizî, lo priva di garanzie e di diritti; si trova come un veltro estraneo alla muta che lo guarda bieca e ringhiosa intorno alla curée. Allora, raramente, ma non troppo, e se i suoi mezzi e la sua posizione lo permettono, cerca di cambiar manto, di rendersi più simile che sia