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180 l’argentina e gli italiani


Umberto I, nel '94 quelle della Nuova Venti Settembre, e nel '97 le scuole della Cavour.

Tutte queste scuole sono sorte per fermo volere di benemerite persone degne di tutta la nostra riconoscenza, le quali hanno dedicato loro ogni energia, in mezzo alle opposizioni più accanite; opposizioni di soci egoisti che non volevano si stornassero per le scuole i fondi predestinati al mutuo soccorso; opposizioni di uomini e giornali argentini che scorgevano nelle scuole italiane un peligro nacional; opposizioni passive e schernose di scettici e disamorati.

Oggi vi sono quindici scuole italiane a Buenos Aires. È confortante. Ma osservandole si vede subito che queste scuole sono troppo per numero e troppo poco per forza, e che i loro risultati non sempre sono quelli che potrebbero sperarsi. Non basta fare una scuola; bisogna guardare anche un po' a che cosa deve servire; occorre sempre proporzionare l'intensità e la natura d'uno sforzo allo scopo. Lo spirito d'italianità laggiù languiva, incerto, senza spinte, freddo ed inerte come una nave disarmata in balìa del mare; la scuola sarebbe stata la sua vela, spiegata per raccogliere nelle sue pieghe bianche e frementi tutti i soffî vivificanti dell'entusiasmo patriottico, per riunirli, farne una forza che spingesse e dirigesse. Occorreva questa grande vela all'abbandonata navicella dell'«italianità», e vi hanno spiegato invece dei fazzoletti. Forse non si poteva far di più.



Secondo le cifre più recenti, gli alunni che frequentano tutte le quindici scuole italiane di Buenos Aires, compresi gli asili infantili, sono 2855.